Il tradimento è reato?
Maltrattamenti familiari: quando il comportamento del marito è volto a infliggere nella moglie una serie di umiliazioni anche solo morali, come nel caso di infedeltà ed offese, scatta il reato.
L’infedeltà coniugale è, di norma, causa di addebito nel processo civile di separazione: questo significa che il coniuge traditore, se anche più povero, non potrà mai ottenere l’assegno di mantenimento, né i diritti di eredità sull’ex qualora questi dovesse decedere prima. Secondo poi un orientamento giurisprudenziale, quando l’infedeltà arreca danno all’onore dell’altro coniuge (si pensi all’infedeltà consumata con un’amica della moglie, all’insaputa di quest’ultima, ma nella piena consapevolezza del gruppo), il tradito può anche richiedere il risarcimento del danno.
Ma un tradimento può essere anche un reato? Uno solo certo no, ma quando il comportamento è ripetuto ed è volontariamente realizzato al solo fine di umiliare la moglie, accompagnandosi magari anche ad altri maltrattamenti non necessariamente fisici, come ad esempio una serie continua di offese e umiliazioni, allora si sconfina nel penale. Scatta, insomma, il reato di maltrattamenti familiari. Lo ha chiarito la Cassazione con una sentenza pubblicata ieri.
Per far scattare il reato di maltrattamenti in famiglia – precisa la sentenza in commento – non sono necessarie solo le violenze e le conseguenti sofferenze fisiche, ma bastano anche quelle morali.
La vicenda in oggetto riguarda una coppia tunisina: lui, sprezzante della moglie, si era reso colpevole di una serie di tradimenti, uniti a schiamazzi, offese e, soprattutto, maltrattamenti nei confronti della consorte. Per tagli comportamenti il marito, presto denunciato dall’ex, veniva condannato ad un anno e quattro mesi di reclusione, in primo e secondo grado.
Fonte: laleggepertutti.it