No alla prevalenza materna come criterio di individuazione del genitore maggiormente adatto al collocamento dei figli

L’esperienza della separazione e del divorzio tra i coniugi può rappresentare un momento davvero difficile nella vita di una famiglia. In presenza di figli minori, in particolare, ai comuni problemi materiali ed emotivi si sommano anche complesse conseguenze sul piano giuridico riguardanti l’affidamento dei bambini e degli adolescenti. Quando il giudice deve decidere dell’assegnazione del figlio minore all’uno o all’altro genitore, in particolare, molte considerazioni possono influenzare l’esito di tale scelta. Le attuali correnti giurisprudenziali, infatti, sono orientate in maniera sempre più netta verso il superamento del criterio della prevalenza materna come standard di individuazione del genitore più adatto, in caso di necessario affidamento esclusivo del figlio. Oggi, quindi, le valutazioni relative al benessere del bambino dovranno essere formulate caso per caso, prescindendo dal sesso del genitore e avendo riguardo ad altre circostanze materiali. In questo nuovo contesto si colloca – anche più che in passato – la necessità del supporto di un’agenzia investigativa professionale, che potrà fornire evidenze sui trattamenti inadeguati di un genitore verso il minore, avvalorando la posizione della controparte in giudizio.
Il criterio della prevalenza materna nella scelta del genitore affidatario non trova alcun riscontro letterale nel nostro ordinamento giuridico, né nella Costituzione, né in qualsiasi altro testo normativo. L’articolo 337 ter del codice civile, per esempio, si limita a indicare l’esclusivo ”interesse morale e materiale” del figlio come criterio di guida per il giudice nell’elaborazione di tutti i provvedimenti relativi alla prole. L’assenza di riferimenti di genere, insomma, spinge a ritenere che il benessere del bambino sia l’obiettivo prevalente da tenere in considerazione nel delineare il regime di affidamento in caso di separazione o divorzio. Nonostante la lettura del codice non lasciasse spazi a dubbi, tuttavia, per lungo tempo la giurisprudenza ha abbracciato il criterio generale della maternal preference: nel caso in cui l’affidamento congiunto non fosse materialmente possibile, si presumeva che la madre – in quanto figura femminile – fosse naturalmente più adeguata a coltivare un rapporto di vicinanza e accudimento con i figli minori. Questa posizione, retaggio di una visione antiquata di genitorialità e per molto tempo condivisa, non teneva conto in molti casi della necessità di sondare i reali interessi dei figli, la qualità e l’intensità del rapporto con entrambi i genitori e – in definitiva – il loro reale interesse.
Il provvedimento del Tribunale di Milano e l’assegnazione dei figli al padre
Il 19 ottobre 2016 ha segnato un’importante svolta per la giurisprudenza in materia di affidamento dei minori. Un decreto del Tribunale minorile di Milano, in particolare, ha espressamente considerato non più applicabile come principio generale quello della maternal preference. Nella cornice del più vasto criterio della bi-genitorialità e della preferenza per l’affidamento congiunto, insomma, si ribadisce nella motivazione del provvedimento come non si debba concedere preferenza alla madre solo per l’appartenenza al suo genere. L’intento è, insomma, quello di riportare il padre a una effettiva condizione di parità nell’accudimento dei figli, che comprenda non solo l’aspetto economico – inteso come assegno di mantenimento da elargire e assicurare al minore – ma anche quello morale e affettivo. In sede di divorzio o separazione, quando l’affidamento congiunto non è possibile da realizzare, il padre potrà quindi vantare gli stessi diritti del genitore dell’altro sesso e dimostrare di poter proteggere come e meglio della madre il benessere del piccolo. A sostegno di questa impostazione, la lettura delle norme dedicate al diritto di famiglia e all’affidamento dei minori si pronunciano tutte nel pieno rispetto della neutralità di genere, proteggendo i padri da qualsiasi pregiudizio.
Il ruolo dell’investigatore privato nell’affidamento dei minori
Il supporto di un professionista può essere decisivo quando si parla di affidamento dei minori. La posizione del genitore che si trovi costretto a dover dimostrare l’adeguatezza del proprio stile di vita, dei propri valori e della propria personalità nell’educazione dei figli, infatti, potrà essere sostenuta in giudizio solo grazie a un adeguato materiale probatorio. Questo potrà comprendere anche evidenze che dimostrino comportamenti della controparte, inadeguati e ripetuti, che ne ostacolino l’assunzione della posizione di affidatario. Grazie al superamento della presunzione di prevalenza della madre, in particolare, anche i padri avranno accesso alla possibilità di dimostrare in giudizio il loro interesse morale e affettivo a ottenere l’affidamento esclusivo della prole. In questa nuova cornice giurisprudenziale, il ruolo dei professionisti dell’investigazione è essenziale. La delicatezza dei rapporti familiari, l’esigenza di raccogliere materiale probatorio che presenti le caratteristiche tecniche necessarie all’utilizzo in giudizio, la tutela della privacy dei minori: sono tante le necessità legate all’investigazione che solo un professionista del settore può soddisfare. Nella difficile scelta giudiziale di affidamento dei minori al padre o alla madre, quindi, ricorrere alla consulenza o alle attività materiali di un’agenzia investigativa di accreditata competenza può rivelarsi la mossa decisiva per la salvaguardia del bambino e del suo più reale interesse.