Parere su utilizzo, da parte dei dipendenti, dei permessi previsti dalla legge 104/1992
Avv. Stefano Leone
Sudio Legale Leone Schiavi Stangolini
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Il lavoratore dipendente, che abbia un familiare in condizioni di handicap, può godere di specifici permessi retribuiti, i cosiddetti permessi 104 (ovvero previsti dalla legge 104/1992), ma deve usarli solo per la finalità assistenziale, altrimenti rischia pesanti conseguenze sia sul posto di lavoro che di natura penale.
Le agenzie investigative possono essere coinvolte per verificare il corretto utilizzo dei permessi stessi, ed é sempre più diffusa la prassi aziendale di incaricare una agenzia investigativa di seguire il dipendente durante il permesso 104 e relazionare all’azienda sulle attività che il lavoratore ha svolto durante tale periodo.
Può accadere che, nel report presentato dall’agenzia di investigazione, emerga che il dipendente ha fatto tutto tranne che assistere il disabile.
Cosa rischia in questo caso il dipendente?
L’eventuale abuso del permesso 104 costituisce un comportamento che produce un danno sia al datore di lavoro, che concede il permesso per finalità assistenziali e non per altri fini, sia all’Inps, che paga materialmente l’indennità.
Pertanto:
- Per quanto riguarda il rapporto di lavoro, il dipendente rischia di essere licenziato.
Ricevuta la relazione dall’agenzia di investigazione, l’azienda può, infatti, attivare il procedimento disciplinare nei confronti del dipendente. In prima battuta, gli verrà consegnata una lettera di contestazione disciplinare con cui la società gli contesta di aver svolto attività incompatibili con l’assistenza al disabile durante il permesso 104. A questo punto il dipendente avrà 5 giorni di tempo per presentare delle proprie giustificazioni e/o per farsi ascoltare oralmente. Il dipendente dovrà provare a spiegare che c’è un malinteso e che le attività svolte sono in realtà legate all’assistenza al disabile. Una volta ricevute le giustificazioni del dipendente, l’azienda potrà: decidere di accoglierle e la vicenda si chiude; oppure, se resta convinta dell’abuso, potrà licenziare il dipendente per giusta causa.
- Per quanto concerne l’abuso verso l’Inps, il dipendente rischia di essere incriminato per il reato di truffa ai danni dello Stato.
La Cassazione ha, anche di recente, ammesso la legittimità del licenziamento per giusta causa in caso di abuso dei permessi 104.
Con la sentenza numero 8209/2018, la Corte di cassazione ha confermato la decisione dei giudici di entrambi i gradi di merito di dichiarare la legittimità del licenziamento disciplinare irrogato a una dipendente di una ASL per aver “abusivamente fruito del permesso ex legge n. 104/1992 e negato insistentemente l’abuso medesimo”.
Inoltre, questa sentenza è importante anche perché ha ritenuto che il lavoratore, che abusa dei permessi per l’assistenza di un disabile dei quali gode ai sensi della legge 104/1992, può essere legittimamente licenziato anche a prescindere dalle sorti dell’eventuale procedimento penale e dalla pregressa condotta lavorativa del dipendente.
Secondo la sentenza della Cassazione, l’abuso del diritto deve ritenersi sussistente a prescindere dall’assoluzione del dipendente ottenuta in sede penale e la gravità dell’abuso non deve neanche ritenersi scalfita “dall’apprezzamento della pregressa condotta lavorativa e dal contingente precario stato psichico”.
Ma una questione molto rilevante è se possa essere licenziato il lavoratore che non sta con il disabile, ovvero se ci si possa prendere cura del disabile anche a distanza senza stare fisicamente con lui, se durante la fruizione dei permessi 104 si possano compiere faccende non a stretto contatto con il disabile.
La questione ha lasciato spazio a diverse interpretazioni, anche nella giurisprudenza.
La regola base è che il permesso 104 serve a prendersi cura del disabile, questo è un principio certo.
Ma tutto verte sull’interpretazione che viene data al concetto di prendersi cura: vi rientrano anche azioni che non richiedono la sua presenza fisica, ma che sono rivolte al suo interesse?
L’esempio tipico, anche perché accaduto nella pratica, è quello del lavoratore sorpreso a fare la spesa durante la fruizione del permesso 104 e senza il disabile.
Nel 2016, una sentenza aveva ritenuto legittimo il licenziamento per giusta causa.
Ma, su un caso simile, la Cassazione nel 2018 ha, invece, deciso di annullare il licenziamento, ritenendo legittimo il comportamento del lavoratore per aver fatto la spesa “nell’orario di fruizione del permesso” e “che poi aveva portato la spesa a casa della madre, convivente con la sorella, entrambe disabili”.
E la spesa non era stata l’unica occasione in cui, durante i permessi 104, il lavoratore era stato sorpreso senza l’assistito, ma in tutte le occasioni, vuoi dal tabaccaio vuoi presso uno studio geometri, costui era stato in grado di presentare documentazione che attestasse le operazioni svolte in favore della madre e della sorella, entrambe disabili.
Ma in passato ci sono stati numerosi casi in cui i giudici hanno condannato dei dipendenti che hanno abusato dei permessi 104 per svolgere faccende personali, del tutto svincolate dai bisogni dell’assistito.
Ad esempio, ci sono stati casi in cui i dipendenti mentre erano in permesso 104 si sono concessi delle vacanze.
Si può concludere chiarendo che la decisione dei giudici non è affidata al caso, ma quello che viene valutato, aldilà della presenza effettiva del disabile con chi usufruisce dei permessi 104, è che il lavoratore stia svolgendo delle attività a favore dell’assistito:
- come stabilito dalla Cassazione “è indubbio che la condotta di chi sfrutta anche una sola ora dei ‘permessi della 104’ non per assistere il parente, ha, in sé, un disvalore sociale da condannare. In questo modo, infatti, si scarica il costo del proprio ozio sulla collettività. Anche volendo ritenere che le residue ore del permesso vengono utilizzate per assistere il parente, resta il fatto che una parte del permesso è stata utilizzata per scopi diversi rispetto a quelli per cui è stato riconosciuto”. In questi casi, quindi, è legittimo il licenziamento.
- se, invece, si fa la spesa per il disabile o si svolgono a suo favore altre faccende che non potrebbe compiere da solo, ci si sta comunque prendendo cura dell’assistito in senso lato. E, quindi, in questi casi non è legittimo il licenziamento.