VIOLAZIONE DEL DOVERE DI FEDELTA’
Avv. Salvatore Di Grazia – Rimini
Al momento delle nozze il celebrante legge l’art. 143 del codice civile che indica i diritti reciproci dei coniugi.
La lettura non è un pistolotto moralistico, ma l’indicazione di precisi obblighi la cui violazione ha una precisa conseguenza giuridica. Ciò avviene in specie in caso di violazione del dovere di fedeltà.
In passato, l’infedeltà era considerata addirittura un illecito penale, con una significativa distinzione: la donna adultera era sempre punita, l’uomo solo se teneva in casa la concubina.
Dopo la riforma del 1975, dalla violazione del dovere di fedeltà conseguiva solo l’attribuzione dell’addebito, il cui effetto, tuttora, è che il coniuge ritenuto responsabile della violazione, in caso di separazione, perde il diritto al mantenimento e i diritti successori per morte. Si escludeva, invece, che in tale caso di illecito fosse configurabile una responsabilità risarcitoria del coniuge infedele verso l’altro.
Questa opinione è stata disattesa dalla Cassazione dal 2005, per effetto di una nuova visione della famiglia in cui marito e moglie (e anche i figli) stabiliscono relazioni di affetto e di solidarietà e ricevono riconoscimento e tutela, prima ancora che come coniugi, come persone.
Ovviamente, ai fini del risarcimento non rilevano automaticamente lievi violazioni, ma unicamente quelle condotte che per la loro intrinseca gravità, si pongano come fatti di aggressione ai diritti fondamentali della persona.
Aspetto ancor più rilevante è che vi deve essere un rapporto preciso di causa ed effetto tra la condotta lesiva e il danno patrimoniale, e non patrimoniale, così come deve essere provata la misura dell’entità del danno. La tutela risarcitoria è ammessa anche nell’ambito di una famiglia non fondata sul matrimonio (v. Cass. Civ., sez. I, sent. Nr. 15481, 20 giugno 2013) e, in generale, nei legami affettivi non fondati su un vincolo giuridico formatosi secondo le forme tipiche previste dalla legge (es. matrimonio civile).
La violazione dei diritti fondamentali della persona è, infatti, certamente configurabile anche all’interno di una unione di fatto, anche tra persone dello stesso sesso, che abbia, beninteso, caratteristiche di serietà e stabilità.
Altre forme di risarcimento sono state individuate nel tempo dalla Cassazione, la quale ha, tra l’altro, riconosciuto il diritto del convivente di soggetto deceduto a causa di un terzo al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale. Ha attribuito rilievo, ai fini della cessazione (rectius: quiescenza) del diritto all’assegno di mantenimento divorzile, ovvero ai fini della determinazione del relativo importo, all’instaurazione da parte del coniuge (o ex coniuge) beneficiario dello stesso di una famiglia, ancorché di fatto.
Tra le ipotesi di danno endofamiliare di maggiore diffusione, che richiedono l’attività dell’Avvocato, in collaborazione con l’investigatore, spiccano: il danno da infedeltà consumata con modalità tali da pregiudicare l’onore e la salute del partner tradito; il danno da mancato riconoscimento del figlio; il danno da abbandono morale e materiale del familiare; il danno da privazione della sessualità coniugale.